Artisti

Ritratto di Filoteo Achillini (Il suonatore di chitarra)

Bulino originale mm 182 x 133

Bulino originale, monogrammato in lastra; Bartsch XIV, 186.469; Landau-Parshall pag. 100; 

Superba prova di una stampa particolarmente significativa nell’ambito del corpus raimondiano. In Italia, infatti, la ritrattistica di personaggi non appartenenti alla nobiltà o al clero è quasi inesistente nell’arte incisoria del primo ’500. Mentre inizia a diffondersi nell’Europa del Nord con l’affermarsi di una borghesia colta e facoltosa attenta all’arte incisoria che può quindi esprimersi con maggiore autonomia e avulsa dalle committenze. L’inchiostrazione è molto nitida e intensa, la carta, finissima, sana e croccante, permette la lettura del soggetto anche al verso, indice della precocità d’impressione della prova in esame. Completa e con un filo di margine tutt’intorno. Molto ben conservata.

È nota la stretta collaborazione fra Raffaello e Raimondi, che inizia a Roma con l’arrivo di quest’ultimo nella Città Eterna, nel 1510. Abile e fervido interprete dei dipinti di Raffello, purtroppo non ne ha potuto trarre il meritato benessere economico. A ciò si aggiunge un susseguirsi di sventure che, iniziate con la prigionia per l’intaglio di disegni lascivi da Giulio Romano e proseguite con l’inimicizia del Bandinelli, diventano tanto tristemente note da originare la diceria del Malvasia che Marcantonio viene fatto assassinare dall’acquirente del rame con La strage degli Innocenti per aver trasgredito l’impegno di non eseguirne una copia. In realtà la sua attività subisce un tracollo durante il sacco di Roma del 1527, quando è costretto a sborsare una grossa somma per salvarsi e per ripagare i danni della bottega, oltre alla perdita del suo allievo Marco Dente.

L’artista si ritira quindi a Mantova e poi a Bologna dove muore “poco meno che mendico”; i suoi rami infine finiscono nelle mani di incisori-editori ed allievi, tra cui Agostino Veneziano, che li siglano liberamente con i propri nomi.
L’Aretino conferma che l’artista era ormai morto nel 1534.

Giovanni Filoteo Achillini è stato un poeta, letterato e uomo pubblico del XVI secolo. Benché molte delle sue opere non siano arrivate fino a noi, ci rimangono molte testimonianze del suo operato. Grande viaggiatore, lavorò in molte delle città italiane più importanti del tempo, ma nessuna superò mai le sue origini bolognesi. Qui ricoprì diverse cariche pubbliche e raggiunse grande fama. Testimone ne è infatti la stampa stessa, in quanto i ritratti erano allora quasi esclusivamente riservati ad aristocratici o a membri del clero. Tuttavia il ritratto in sé non è l’unica peculiarità, in quanto il poeta è raffigurato in una dimensione dinamica, ossia nell’atto del suonare la vihuela. Tra la viola e la chitarra, questo strumento spagnolo ebbe una diffusione rapidissima nell’Europa del Cinquecento, tanto da arrivare in pochissimi anni a eclissare il liuto come strumento più utilizzato. Non è difficile immaginarlo in quanto sappiamo bene la versatilità che la chitarra, nipote della vihuela, ha trovato nell’ultimo secolo, diventando di gran lunga lo strumento più suonato al mondo.